12 Giugno, Partenza
“Devi ricordarti le cose fondamentali.”
“Le cose fondamentali?”
“Esatto, le cose fondamentali, vediamo.”
“Ok, spara.”
“Macchina fotografica.”
“Sì.”
“Telefono?”
“Certo.”
“Documenti? Hai stampato tutto? I caricatori per telefono e macchina? Il portatile? La batteria e il caricatore?”
“Sì, sì, sì e ancora sì. Ma tipo i vestiti non sono considerati fondamentali?”
Mi scruta.
“Le mutande le hai prese su?”
“Ma che domande, ovvio!”
“Allora sei a posto, il resto non è considerato fondamentale.”
“Io veramente a volte faccio fatica a capirti.” Rido.
“Fai buon viaggio amore, ci vediamo domenica.”
Moglie esce di casa, deve andare al lavoro. Io devo andare a Stoccarda. Da solo. A vedere il tennis.
Non ho mai viaggiato da solo, non ne ho mai avuto un buon motivo e ho sempre avuto la fortuna di avere qualcuno accanto nei viaggi che ho fatto.
Ma stavolta è diverso: è un’immersione totale nella mia passione più grande, senza nessuno intorno. I miei orari, le mie partite di tennis, la mia macchina fotografica. E un viaggio di cinque giorni a Stoccarda, non esattamente un paradiso turistico, ci sono già stato tra l’altro.
Una visita veloce di un paio di giorni, ricordo soprattutto la pioggia, il grigio ad Agosto e il museo della Mercedes. E un sacco di risate con i miei due amici con cui avevo fatto quel viaggio assurdo in auto, partendo da Cremona fino a Copenaghen, arrivando a un certo punto, tra le varie tappe, a Stoccarda.
Percorro la stessa strada a piedi fino al fermata di Porta Vittoria che faccio tutte le mattine per andare al lavoro. Direzione: Malpensa.
È presto, l’aereo è alle 17:00 ma non importa, alle 12:30 esco di casa, mangerò con calma in aeroporto.
Piove, maledizione piove. Non mi preoccupa il tempo a Milano, ma il Mercedes Cup, il primo torneo sull’erba della stagione ATP si gioca all’aperto, in caso di pioggia le partite potrebbero essere rimandate, spostate, cancellate. In realtà è già accaduto ieri: Shapovalov doveva scendere in campo alle 17:30 durante il primo turno ma la partita è stata rimandata a oggi causa pioggia. Maledizione.
Aspetto questo viaggio dall’acquisto dei biglietti a Marzo, non voglio pensare a tre giorni di pioggia a Stoccarda. Non me lo merito proprio per niente dannazione.
Non ho mai viaggiato da solo, non ne ho mai avuto un buon motivo e ho sempre avuto la fortuna di avere qualcuno accanto nei viaggi che ho fatto.
Ma stavolta è diverso: è un’immersione totale nella mia passione più grande, senza nessuno intorno. I miei orari, le mie partite di tennis, la mia macchina fotografica. E un viaggio di cinque giorni a Stoccarda, non esattamente un paradiso turistico, ci sono già stato tra l’altro.
Una visita veloce di un paio di giorni, ricordo soprattutto la pioggia, il grigio ad Agosto e il museo della Mercedes. E un sacco di risate con i miei due amici con cui avevo fatto quel viaggio assurdo in auto, partendo da Cremona fino a Copenaghen, arrivando a un certo punto, tra le varie tappe, a Stoccarda.
Percorro la stessa strada a piedi fino al fermata di Porta Vittoria che faccio tutte le mattine per andare al lavoro. Direzione: Malpensa.
È presto, l’aereo è alle 17:00 ma non importa, alle 12:30 esco di casa, mangerò con calma in aeroporto.
Piove, maledizione piove. Non mi preoccupa il tempo a Milano, ma il Mercedes Cup, il primo torneo sull’erba della stagione ATP si gioca all’aperto, in caso di pioggia le partite potrebbero essere rimandate, spostate, cancellate. In realtà è già accaduto ieri: Shapovalov doveva scendere in campo alle 17:30 durante il primo turno ma la partita è stata rimandata a oggi causa pioggia. Maledizione.
Aspetto questo viaggio dall’acquisto dei biglietti a Marzo, non voglio pensare a tre giorni di pioggia a Stoccarda. Non me lo merito proprio per niente dannazione.
Confido nel meteo, che mette sole nelle giornate di Mercoledì, giovedì e venerdì, quelle che interessano a me. Oddio, ci fosse bel tempo pure sabato, quando approfondirò la visita della città, sarebbe perfetto, ma per ora limitiamoci ai giorni del torneo.
Porta Garibaldi, binario 16, il treno è in orario. Mi siedo di fronte a un ragazzo francese, sta tornando a casa. Dove sia casa non mi è dato saperlo visto che si limita a dirmi “Je suis francais” senza troppa voglia di approfondire. Pazienza.
Porta Garibaldi, binario 16, il treno è in orario. Mi siedo di fronte a un ragazzo francese, sta tornando a casa. Dove sia casa non mi è dato saperlo visto che si limita a dirmi “Je suis francais” senza troppa voglia di approfondire. Pazienza.
Apro il Kindle e contemporaneamente sento un botto atroce. Come se fosse caduta una valigia enorme da sopra la testa di qualcuno.
Alzo la testa, non è una valigia. Una signora è distesa pancia all’aria lungo la carrozza subito dopo la mia, attorniata da persone che l’aiutano ad alzarsi. Un bel volo, ma sta bene. Ha un piccolo taglio sulla fronte, prontamente medicato da una ragazza che è salita con me.
“Sono un’infermiera non si preoccupi.”
La medica in fretta, con precisione, eseguendo movimenti automatici, mantenendo sempre il sorriso e rassicurando la signora.
“Sto bene, lei è tanto gentile.”
“Ma si figuri signora.”
Pochi minuti dopo dalla carrozza provengono risate generali: la signora caduta,il controllore, la hostess (sul malpensa express c’è la hostess, mica lo sapevo), l’infermiera e altri passeggeri ridono come se fossero una grande famiglia, sdrammatizzano l’accaduto e iniziato a parlare delle loro vite.
Sorrido pensando a quanto sia bello quel momento scaturito da uno spiacevole incidente.
Scendono tutti prima del capolinea, la mia fermata, salutandosi con grandi abbracci, come se si conoscessero da sempre. Pochi minuti dopo il treno arriva al terminal 2.
Realizzo che il volo durerà più o meno quanto il mio viaggio in treno, ma soprattutto realizzo di avere una fame boia. Passo velocemente i controlli e mi dirigo verso il primo bar che vedo. Poi però la scritta Burger King appare ai miei occhi come una visione sacra. Al cuor non si comanda, allo stomaco non ne parliamo.
Di fronte a me una giovane coppia araba con delle grosse borse Louis Vuitton sta cercando, credo, di ordinare tutti i panini presenti nel fast food.
“No bacon, no cheese please. And give me five steakhouse burger and 24 Nuggets. Six, six, six, six.”
Mortacci che fame, penso.
Lui si gira e vedo che sorrido.
“Sorry, I’m very hungry.”
“No problem,” e aggiungo “Buon appetito!”
“Ah siii, buon apetito!”
È veramente facile farsi degli amici a volte. La parentesi divertente non termina qui, al momento di pagare la signora in cassa si scusa ma dice all’arabo che purtroppo non accetta la carta American Express Gold.
Lui sembra leggermente scocciato ma senza fare una piega sfila dalla tasca posteriore una mazzetta di banconote da 50€. Una mazzetta grossa così.
Io al massimo in tasca ho dei bottoni e ogni tanto un paio di euro spaiati, monete ovviamente.
Non riesco a smettere di ridere, la situazione è quasi surreale.
Alzo la testa, non è una valigia. Una signora è distesa pancia all’aria lungo la carrozza subito dopo la mia, attorniata da persone che l’aiutano ad alzarsi. Un bel volo, ma sta bene. Ha un piccolo taglio sulla fronte, prontamente medicato da una ragazza che è salita con me.
“Sono un’infermiera non si preoccupi.”
La medica in fretta, con precisione, eseguendo movimenti automatici, mantenendo sempre il sorriso e rassicurando la signora.
“Sto bene, lei è tanto gentile.”
“Ma si figuri signora.”
Pochi minuti dopo dalla carrozza provengono risate generali: la signora caduta,il controllore, la hostess (sul malpensa express c’è la hostess, mica lo sapevo), l’infermiera e altri passeggeri ridono come se fossero una grande famiglia, sdrammatizzano l’accaduto e iniziato a parlare delle loro vite.
Sorrido pensando a quanto sia bello quel momento scaturito da uno spiacevole incidente.
Scendono tutti prima del capolinea, la mia fermata, salutandosi con grandi abbracci, come se si conoscessero da sempre. Pochi minuti dopo il treno arriva al terminal 2.
Realizzo che il volo durerà più o meno quanto il mio viaggio in treno, ma soprattutto realizzo di avere una fame boia. Passo velocemente i controlli e mi dirigo verso il primo bar che vedo. Poi però la scritta Burger King appare ai miei occhi come una visione sacra. Al cuor non si comanda, allo stomaco non ne parliamo.
Di fronte a me una giovane coppia araba con delle grosse borse Louis Vuitton sta cercando, credo, di ordinare tutti i panini presenti nel fast food.
“No bacon, no cheese please. And give me five steakhouse burger and 24 Nuggets. Six, six, six, six.”
Mortacci che fame, penso.
Lui si gira e vedo che sorrido.
“Sorry, I’m very hungry.”
“No problem,” e aggiungo “Buon appetito!”
“Ah siii, buon apetito!”
È veramente facile farsi degli amici a volte. La parentesi divertente non termina qui, al momento di pagare la signora in cassa si scusa ma dice all’arabo che purtroppo non accetta la carta American Express Gold.
Lui sembra leggermente scocciato ma senza fare una piega sfila dalla tasca posteriore una mazzetta di banconote da 50€. Una mazzetta grossa così.
Io al massimo in tasca ho dei bottoni e ogni tanto un paio di euro spaiati, monete ovviamente.
Non riesco a smettere di ridere, la situazione è quasi surreale.
Saluto la coppia, mi siedo in un angolo del locale, mangio con calma e ammiro il panorama fuori: aerei parcheggiati, cemento a perdita d’occhio, addetti ai lavori con le pettorine dai tipici colori sgargianti che corrono in lungo e in largo e pioggia. Un casino di pioggia. Torrenziale, che fa scattare allarmi a caso. I gates di partenza sembrano dei flipper impazziti, il silenzio è andato ormai perduto.
A Stoccarda intanto si sono concluse tre partite. La notizia è senza dubbio Istomin che butta fuori Kohlschreiber 7–6,7–6 e il fatto che han sospeso le partite per la pioggia. Di nuovo. Mi viene da piangere.
Alle 16:45 chiamano il volo, passiamo i controlli e saliamo sull’aereo. E ci stiamo sopra, fermi, fino alle 20:00.
Causa maltempo l’aeroporto è chiuso, non si vola fino a quando i temporali e i fulmini smetteranno di dannarci l’anima.
Qui viene fuori il mio spirito zen del pendolare: la gente accanto a me perde la pazienza, urla, sbraita, una bambina piange a intervalli regolari di tre minuti e a un certo punto sono abbastanza certo che i passeggeri dell’aereo, quindi tra gli altri io, faranno tutti la stessa fine di quei poveri disgraziati nel pilot di Fringe. Non l’avete mai visto? Recuperare.
A Stoccarda intanto si sono concluse tre partite. La notizia è senza dubbio Istomin che butta fuori Kohlschreiber 7–6,7–6 e il fatto che han sospeso le partite per la pioggia. Di nuovo. Mi viene da piangere.
Alle 16:45 chiamano il volo, passiamo i controlli e saliamo sull’aereo. E ci stiamo sopra, fermi, fino alle 20:00.
Causa maltempo l’aeroporto è chiuso, non si vola fino a quando i temporali e i fulmini smetteranno di dannarci l’anima.
Qui viene fuori il mio spirito zen del pendolare: la gente accanto a me perde la pazienza, urla, sbraita, una bambina piange a intervalli regolari di tre minuti e a un certo punto sono abbastanza certo che i passeggeri dell’aereo, quindi tra gli altri io, faranno tutti la stessa fine di quei poveri disgraziati nel pilot di Fringe. Non l’avete mai visto? Recuperare.
Non faccio una piega, attendo con calma la svolta. Mentre leggo, ascolto la musica e faccio passare il tempo mi ricordo che il mio hotel ha il check-in segnato fino alle 22:00, una rapido calcolo e decido per sicurezza di mandare una mail dicendo del ritardo e pregando di non eliminare la mia prenotazione.
Mi rispondono praticamente in diretta e il messaggio sembra uno di quelli diretti a Ethan Hunt:
“La reception sarà chiusa a quell’ora, le lasceremo le chiavi in una cassetta automatica apribile con il seguente codice che deve conservare e non rivelare a nessuno. Questo messaggio si autoditruggerà in cinque secondi.”
Se non avessi mandato quella mail probabilmente sarei rimasto chiuso fuori senza prenotazione con il culo al freddo. Sotto la pioggia.
Ore 21:00, atterriamo a Stoccarda. Quello che succede dopo sembra accadere a velocità raddoppiata: scendo, metro, tratto a piedi fino all’hotel, inserimento codice segreto e recupero chiavi stanza, doccia, accorgersi che la presa italiana del tuo portatile non va bene con quelle tedesche, pirla, John Rain e il suo cimitero di ricordi, nanna.
A domani Mercedes Cup.
Mi rispondono praticamente in diretta e il messaggio sembra uno di quelli diretti a Ethan Hunt:
“La reception sarà chiusa a quell’ora, le lasceremo le chiavi in una cassetta automatica apribile con il seguente codice che deve conservare e non rivelare a nessuno. Questo messaggio si autoditruggerà in cinque secondi.”
Se non avessi mandato quella mail probabilmente sarei rimasto chiuso fuori senza prenotazione con il culo al freddo. Sotto la pioggia.
Ore 21:00, atterriamo a Stoccarda. Quello che succede dopo sembra accadere a velocità raddoppiata: scendo, metro, tratto a piedi fino all’hotel, inserimento codice segreto e recupero chiavi stanza, doccia, accorgersi che la presa italiana del tuo portatile non va bene con quelle tedesche, pirla, John Rain e il suo cimitero di ricordi, nanna.
A domani Mercedes Cup.